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Smettiamo di insegnare le lingue!

Scritto da Suzanne Pilch, ICF Certified Coach, MPEC Partner

Ma… MPEC non era una scuola di lingue? Ok, capiamo se vi sentite un po’ confusi. Il motivo perchè MPEC esiste, funziona e cresce ogni anno è precisamente perche molti anni fa ABBIAMO SMESSO DI INSEGNARE L’INGLESE. Questo articolo è il nostro Manifesto e la strada che abbiamo scelto per spiegarvi il nostro credo: Il modo migliore perché uno impari una lingua è quello di NON insegnargliela.

Come sarebbe l’iter tradizionale per chi vuole imparare una seconda lingua non é nuovo o sconosciuto per nessuno di noi: o l’avete sperimentato sulla vostra pelle o avete accompagnato qualcuno che lo sta vivendo.

Per alcuni di noi è meno doloroso che per altri perché ci piace il solletico mentale che l’apprendimento delle lingue dà al nostro cervello.

Ma, indipendentemente dalle nostre capacità intellettuali, dalla determinazione o dal tempo che abbiamo a disposizione, imparare una lingua sembra essere un compito piuttosto arduo, una strada piena di ostacoli e curve pericolose, potenzialmente minata e con innumerevoli trappole per la nostra motivazione, forza di volontà e autostima.

Eppure, eccoci qua, cercando di imparare un’altra lingua, disposti a spendere dei soldi per l’ennesimo metodo che dichiara di essere più veloce degli altri, per un corso online o per un corso intensivo in una località remota.

Gli insegnanti sembrano ingarbugliati nella ruota dell’educazione linguistica che mi da l’impressione di girare sempre più velocemente: continuano a nascere dei metodi nuovi, spuntano delle tecniche, delle app, degli strumenti magici, lasciando perplessi gli studenti e a volte anche i docenti. 

Questo articolo è per tutti voi, coraggiosi ma anche stufi, determinati ma sempre più frustrati nel vostro ennesimo tentativo di apprendere una lingua, di usarla, di capire la sua struttura e le sue regole.

Con Amore e Comprensione : Tutti noi in MPEC ❤️

 Non sto cercando di reinventare questa ruota impazzita di Language Learning Methods. E sono convinta che ci sia una soluzione molto semplice a tutta quella frustrazione che uno sente dopo aver studiato una lingua per ANNI senza veder sparire il blocco se la devi usare, smorzato e incapace di parlare quando ne sentirebbe il bisogno. 

Chi ha la chiave magica è il docente. Vi faccio subito vedere perché. 

Prima di concentrarci su ciò che l’insegnante dovrebbe fare, invece di insegnare una lingua, vorrei dare un’occhiata veloce all’apprendimento delle lingue sensu lato. Metodi e approcci si trovano dappertutto.

Alcuni consigliano l’immersione, altri la formazione online, le ricette per l’acquisizione della lingua con 100% di successo sono innumerevoli. Dietro di esse però si nascondono degli studenti stanchi, a volte annoiati, spesso persi. A volte l’intero meccanismo  di formazione linguistica fallisce strepitosamente e, arrivato settembre, l’alunno si vede costretto a cercare un nuovo metodo o comincia a cercare un nuovo insegnante, aprendo la conversazione con il mantra: “Ho studiato inglese per anni ma quando lo devo parlare, mi blocco…” E tutto ricomincia.

capisco inglese ma non lo parlo

Hmmm … Sembrerebbe che sia il momento giusto per dirvi cosa intendo per “SMETTIAMO DI INSEGNARE LE LINGUE“. Ma non ancora. Prima, diamo un’occhiata agli elefanti.

La proboscide non è né una scelta, né una decisione. È un prodotto dell’evoluzione, dettato dal bisogno di sopravvivenza. La proboscide si è creata perché, senza di essa,  l’elefante non sarebbe in grado di sopravvivere.

Pensi davvero che noi umani avremmo sviluppato una comunicazione orale così complessa come le lingue se gli altri potessero capire ciò che vogliamo attraverso dieci o dodici suoni onomatopeici? Un bambino continua a scoprire delle parole non per il desiderio di ampliare il suo vocabolario; i bambini imparano delle parole perché ne hanno BISOGNO. Ogni nuovo vocabolo rende le loro vite più facili, le loro interazioni con gli altri meno frustranti e più efficienti. 

Se osserviamo l’evoluzione in generale o il modo in cui gli umani imparano in particolare, arriviamo tutti alla conclusione che l’apprendimento di una seconda lingua avviene in questo momento – nella stragrande maggioranza dei casi – quasi contro la natura. 

Tranne quando:

  • ti trasferisci in un altro paese; 
  • il tuo partner è straniero;
  • la sede della tua azienda si trova all’estero. 

Certo. Cosa collega questi tre casi di acquisizione del linguaggio, e la proboscide dell’elefante e un bambino che balbetta? Se il bisogno di sviluppare delle nuove competenze  è reale, non ci sono difficoltà né ostacoli.  

E adesso una domanda per voi. Ne avete davvero bisogno dell’inglese? Ne siete così acutamente consapevoli che è quasi palpabile? Senza di questo, l’evoluzione che state cercando non avverrà mai.

Ed eccoci finalmente! L’essenza di ciò che voglio condividere con voi è:  Le persone che hanno davvero bisogno di imparare una seconda lingua non falliscono mai. Il problema è che vogliamo che TUTTI imparino, non solo quelli che non hanno delle alternative.

E facciamo l’errore più banale del mondo. 

Iniziamo a insegnare. 

Il bisogno deve nascere prima di tutto. Non basta la motivazione – lo sapete benissimo! La motivazione svanisce dopo una settimana o due, lasciandoci stanchi di fronte a un altro esercizio di vocabolario. Dobbiamo creare uno scenario dove NON imparare non sara più un’opzione. 

Il modo più semplice sarebbe spedire lo studente in un paese in cui si parla l’inglese e farlo tornare  una volta che ha imparato a fatica, senza avere un’alternativa. 

Penso sia ovvio che non tutti possiamo farlo.  Ma forse si può creare un simile sentimento di bisogno in classe, durante una lezione standard di 60 minuti di giovedì pomeriggio? Sono convinta che si può fare.

Per far nascere il bisogno evolutivo, l’insegnante deve smettere di insegnare. Dobbiamo concentrarci sulla costruzione di un legame, o meglio – un insieme di legami, che renderà l’apprendimento della lingua l’unica opzione per chi ci segue. Per farlo diventare una conseguenza evolutiva, il prossimo passo organico per i nostri studenti.

Perché non limitare gli argomenti delle nostre lezioni a quelli che i nostri studenti semplicemente non possono essere ambivalenti? Perché non proporre degli esempi buffi, strani e divertenti?  Le emozioni suscitano altre emozioni. Se mentre imparo l’inglese parlo anche di quello che per me é importante con una persona per me cara, il bisogno di comunicare appare e la trasformazione inizia.  Ma perché ciò succeda, non possiamo aver paura di costruire dei legami emotivi con i nostri studenti.

Dobbiamo essere onesti, sinceri e dobbiamo aprire le nostre stanze personali per loro.

Per gli studenti. Non per le lingue.

Correggere l’uso del tempo verbale o mostrare la differenza tra una preposizione e l’altra deve essere quasi una conseguenza, mai il fine in sé. 

Per costruire una relazione con la lingua devi smettere di guardare la lingua stessa e iniziare a concentrarti sulle persone che la usano, sui libri che sono nati in quella lingua, sulle canzoni che ti hanno fatto piangere. Le emozioni vere sono l’ingrediente segreto della comunicazione.

La verità evolutiva è che acquisiamo veramente un’abilità solo quando ne abbiamo davvero bisogno. Per quello non hanno senso dei corsi creati intorno alle persone immaginarie. 

La formazione linguistica sensu stricto è un’etichetta che vorrei abbandonare. Dobbiamo andare verso ciò che credo sia meglio descritto come Language Engagement: un Coinvolgimento Linguistico – dove l’obiettivo dell’insegnante non è mostrare la lingua stessa ma dedicare le energie alla creazione di un legame che dovrebbe essere costruito tra gli studenti e la lingua che stanno imparando. 

Un vero legame, basato su una vera emozione. Non sto pontificando qui, non esiste un piedistallo da cui questo articolo vi viene lanciato. Anch’io ho paura di non poter più nascondermi dietro una lezione anonima, scaricata da un sito per docenti. Ma non c’è alternativa se voglio davvero, davvero coinvolgere i miei studenti e concedere loro il potere di crescere nella comunicazione. Devo essere coinvolta, devo aprirmi. Poiché il vero impegno può avvenire solo se entrambe le parti riconoscono il legame, se entrambe le parti sono disposte a connettersi, a conoscersi. L’insegnante di Language Engagement non è un relatore anonimo. Lui o lei è un elemento vitale dell’equazione, un co-creatore attivo del nesso che gli studenti dovrebbero costruire con la cultura e il linguaggio che stanno conoscendo.

Pensate davvero che io non sappia quanto sembra spaventoso? Ma ditemi voi quali alternative ci sono? Spedire tutti i nostri studenti all’estero domani? No. Ecco. Chiedere a coloro che vogliono imparare l’inglese di mollare le loro famiglie, il loro lavoro e ripartire da zero in Irlanda o in Australia? Ma non c’è un modo più semplice? 

Si. Certo, si chiama Language Engagement.  Basta insegnare. Aiutiamo gli studenti a conquistare la lingua mentre esploriamo delle aree o dei concetti per loro affascinanti. Andiamo a esplorare con loro. L’alternativa è ripetere le regole grammaticali agli studenti narcolettici. Così efficace come cercare di preparare la scalata dell’ Everest facendo dei giretti al Parco Sempione. 

Dobbiamo coinvolgere, non insegnare.

E se decidiamo di farlo, ci ritroveremo ad accompagnare gli umani in uno dei viaggi più belli della loro vita.

Scritto a Milano il 1/10/2018


Ringraziamenti: Vorrei tanto ringraziare Ed Tyrrell, il fondatore di My Personal English Coach e il mio socio, per la sua incessante ricerca di qualità e per il suo impegno e passione che lo distingue in ogni progetto educativo a cui partecipa. Senza Ed questo articolo non sarebbe mai stato concepito poiché è stato grazie a lui che ho realizzato la necessità di avere un Manifesto che esprimesse i nostri valori, che spiegasse l’approccio all’insegnamento che condividiamo. 

Voglio esprimere la mia profonda gratitudine a Elisabetta Iamundo per il suo prezioso aiuto, la sua consulenza e la sua guida che mi hanno dato il coraggio di tradurre questo testo all’italiano e di condividerlo con tutti coloro che sono ancora all’inizio del loro percorso di acquisizione della seconda lingua e già sentono che questa potrebbe essere una vera sfida per loro.

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