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It’s not Your English that is blocking Your English!

Perché Essere Bloccato In Inglese Non Riguarda Affatto il Tuo Livello di Inglese?

Ti sei mai chiesto perché, nonostante anni di studio dell’inglese, l’immersione nei contenuti in inglese (YouTube e Netflix, TikTok) o anche il lavoro con colleghi stranieri, ti trovi ancora incapace di parlare inglese fluentemente e senza paura? Potresti pensare che sia perché non sei portato per le lingue, o forse pensi di non aver trovato le opportunità di apprendimento giuste. Ma se il vero motivo risiedesse più in profondità, nelle dinamiche della nostra mente?


Il Paradosso della Paura

A prima vista, sembra logico attribuire la nostra incapacità di parlare inglese fluentemente a fattori esterni: mancanza di talento, motivazione o opportunità. Tuttavia, il premio Nobel Daniel Kahneman offre una prospettiva diversa, una che si addentra nella psicologia dietro le nostre decisioni e comportamenti. Kahneman, nella sua esplorazione dei bias cognitivi e del processo decisionale, rivela che il nostro cervello è condizionato in modi che spesso ci portano lontano dalle scelte razionali, specialmente quando si tratta di imparare e usare una nuova lingua.

Alcuni di noi, pur circondati dall’inglese, non riescono a ‘buttarsi’ e provare a usare le parole o espressioni che sentiamo in giro. Non riusciamo a prendere quelle parole e farle nostre. Sembriamo incapaci di migliorare le nostre competenze comunicative.

Ma il problema non è necessariamente l’inglese stesso. Invece, è legato a fenomeni come l’avversione alla perdita e la teoria del prospetto. Kahneman spiega l’avversione alla perdita come la nostra tendenza a preferire evitare le perdite piuttosto che acquisire guadagni equivalenti. Che perdita? Di cosa si tratta? Concedeteci altri 5 minuti per spiegarvi come la ‘loss aversion’ è radicata nei nostri processi decisionali e può influenzare profondamente il nostro approccio all’apprendimento dell’inglese.

Cosa Posso Perdere Se Parlo Inglese?

capisco inglese ma non lo parlo
capisco inglese ma non lo parlo

Hmm. Razionalmente – nulla. Ma fermi un secondo! Qui non si parla solo della razionalità, si tratta della biologia e della formazione del cervello!

Immagina questo scenario: sei fluente in italiano, le tue conversazioni sono coinvolgenti, le tue battute fanno sempre ridere, e la tua eloquenza in contesti professionali è fuori ogni dubbio. Ogni interazione di successo in italiano ti premia con una scarica di dopamina, rinforzando la tua identità come comunicatore competente.

Ora, passando all’inglese, affronti il dubbio. Perché? Perché ogni tentativo è segnato dalla paura di inciampare, di non trovare le parole giuste, e dal disagio che ne consegue.

La domanda sorge spontanea: vale la pena il guadagno potenziale dell’apprendimento dell’inglese rispetto alla perdita immediata di comfort e fiducia? Di nuovo: razionalmente, dobbiamo rispondere: Si, io VOGLIO impararlo! Ma se le nostre emozioni potessero parlare, cosa direbbero? Direbbero: Ho paura, non voglio. Farò brutte figure se parlo inglese. Perderò il rispetto delle persone, si renderanno conto che non sono bravo, che non riesco a comunicare. Sarà la fine. Ecco cosa ci blocca.

Rischio vs. Ricompensa: Un Calcolo Personale

La teoria del prospetto di Kahneman sostiene che tutti noi valutiamo i guadagni e perdite rispetto a un punto di riferimento specifico, spesso il nostro stato attuale.

Per molti, lo stato attuale è uno di comfort e competenza nella lingua madre. Avventurarsi oltre questo punto per imparare l’inglese comporta una ricalibrazione di questo punto di riferimento, dove il potenziale di perdita (la reputazione, il rispetto, il piacere di comunicare…) sembra più significativo del guadagno. È fondamentale chiedersi, come possiamo spostare questo punto di riferimento? Come possiamo ridefinire il successo in modo che valorizzi il progresso e lo sforzo più della perfezione?

Il Ruolo del Bias Negativo

Questa avversione è aggravata dal bias negativo, dove le esperienze negative hanno un impatto maggiore sulla nostra memoria e sulle decisioni rispetto a quelle positive. Ricorda l’ultima volta che hai provato a parlare inglese e hai commesso un errore. È probabile che questo ricordo spicchi più vividamente rispetto ai momenti in cui sei riuscito a comunicare un punto con successo. Questo bias distorce la nostra percezione, facendoci credere che siamo intrinsecamente “non portati, non bravi” in inglese, piuttosto che riconoscerlo come parte naturale del processo di apprendimento.

Tutto Sommato: Stai Zito Che E Meglio!

In essenza, la nostra percezione della comunicazione in una seconda lingua è caratterizzata da:

  • un desiderio (‘sarebbe bello / giusto / meglio parlare un buon inglese’)
  • contrastato dalla paura di perdere la dopamina derivante dalla comunicazione riuscita, l’accettazione sociale e il rispetto degli altri, con il rischio di fare brutte figure.

Questo combo di fattori fa sì che il nostro cervello emotivo interpreti l’atto di ”tuffarsi’ e tentare di parlare come un rischio non vale la pena correre.

Un fattore aggravante è rappresentato dai ricordi degli errori e dai traumi legati all’esperienza scolastica, che alimentano i cosiddetti “negativity biases”. Questi pregiudizi negativi ci inducono a pensare che “sbagliare può rovinare molto” e che commettere un errore porterà a molteplici conseguenze negative, ostacolando così la nostra propensione a metterci in gioco nell’apprendimento e nell’uso di una nuova lingua.

Riformuliamo la Narrazione?

Comprendere e riconoscere questi modelli psicologici è il primo passo per superarli. Implica uno sforzo consapevole per riformulare il nostro approccio all’apprendimento dell’inglese. Piuttosto che vederlo come entrare in un campo minato di potenziali imbarazzi, possiamo considerare ogni errore come un passo verso la padronanza? Possiamo spostare il nostro punto di riferimento da “comunicatore fluente in italiano” a “coraggioso studente di inglese”?

Strategie Costruttive per Superare l’Avversione alla Perdita

  1. Piccole Vittorie: Celebra piccoli traguardi nel tuo viaggio di apprendimento della lingua. Ogni nuova parola o struttura di frase corretta è progresso.
  2. Mentalità di Crescita: Coltiva una mentalità di crescita, dove le sfide sono viste come opportunità per imparare e crescere piuttosto che come minacce alla nostra competenza.
  3. Supporto Sociale: Impegnati con una comunità di supporto di studenti che condividono i tuoi obiettivi e comprendono le lotte. Condividere le esperienze può diluire la paura del fallimento individuale.
  4. Tanti Esempi Positivi: Circondati di storie di persone che hanno imparato con successo una seconda lingua. Queste narrazioni possono servire come contropeso al bias negativo. Sotto ti lasciamo uno dei nostri TED Talks preferiti su questo tema!

Il viaggio verso l’apprendimento dell’inglese, o di qualsiasi nuova lingua, è pieno di barriere psicologiche che vanno oltre le semplici sfide linguistiche. È una battaglia contro le nostre avversioni innate alla perdita e la nostra propensione a concentrarci sul negativo. Tuttavia, con consapevolezza, approcci strategici e un cambio di prospettiva, queste barriere possono essere navigati con successo. Ricorda, l’obiettivo non è sostituire la tua competenza in italiano, ma espandere i tuoi orizzonti, una conversazione in inglese alla volta.

La Storia Di Come Si Impara Le Lingue


La Bibliografia e la Base Scientifica del Nostro Approccio:

Consapevolezza di Se e Credenze Fondamentali/Limitanti

  1. Teoria Cognitivo-Comportamentale (CBT): Introdotta da Aaron Beck, questa teoria suggerisce che i nostri pensieri (credenze fondamentali e limitanti incluse) influenzano direttamente i nostri sentimenti e comportamenti.
  2. Neuroplasticità: Studi come quelli presentati da Doidge (2007) nel suo libro “The Brain That Changes Itself” evidenziano come le nostre esperienze e pensieri possono modificare la struttura e il funzionamento del cervello.
  3. Schema Therapy: Sviluppata da Jeffrey Young, questa estensione della CBT mira a identificare e ristrutturare schemi di pensiero profondamente radicati o ‘schemi’, che sono spesso alla base delle credenze limitanti.

Intelligenza Emotiva

  1. Modello di Mayer e Salovey (1990): Definiscono l’intelligenza emotiva attraverso quattro abilità principali: percepire le emozioni, utilizzarle per facilitare il pensiero, comprendere le emozioni e regolare le emozioni.
  2. Emotional Intelligence: Questo libro di Daniel Goleman (1995) ha popularizzato il concetto di intelligenza emotiva nel grande pubblico, sostenendo il suo impatto sulla leadership, sul successo e sul benessere personale.

Apprendimento Linguistico per Adulti

  1. Ipotesi dell’età critica: Studi come quelli di Lenneberg (1967) suggeriscono che esiste una finestra temporale per l’apprendimento linguistico ottimale, ma ricerche successive indicano che gli adulti possono ancora imparare efficacemente una seconda lingua attraverso strategie e motivazioni appropriate.
  2. Teoria dell’Apprendimento Sociale di Bandura (1977): Sottolinea l’importanza del modello, dell’imitazione e dell’osservazione nell’apprendimento, inclusa l’acquisizione di nuove lingue.
  3. Fattori affettivi nell’apprendimento delle lingue: Lo studio di Gardner e Lambert (1972) sull’orientamento motivazionale evidenzia come atteggiamenti e motivazioni influenzino significativamente l’apprendimento linguistico negli adulti.


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